La flotta napoletana

Nel complesso sistema imperiale spagnolo il viceregno napoletano, cuore del sottosistema italiano (con la Sicilia e la Sardegna) ha giocato un ruolo fondamentale, assumendo la funzione di antemurale per la difesa dagli attacchi di turchi e barbareschi: esso è diventato così la base portante dell’intero sistema difensivo iberico, in chiave di difesa passiva, attraverso la rete di porti e città fortificate, e  di difesa attiva con flotte numerose e agguerrite di  galere, galeazze  e  vascelli costruiti nel suo arsenale, da aggregare alla Armada spagnola insieme alle “squadre collegate”, in primis la genovese e la maltese. La scena principale era quella occupata dalla monarchia di Spagna, per antonomasia la superpotenza del tempo, tra Mediterraneo e Atlantico, impegnata nel costruire e mantenere il proprio primato geo-politico, contro avversari europei (Francia su tutte, ma anche Inghilterra, Olanda ed altri) e contro il nemico mortale, l’Impero Ottomano, dunque i turchi, e i compositi potentati nord – africani (pirati, corsari, barbareschi), entrambi antagonisti irredimibili sul piano religioso. In questo scenario l’apporto economico di Napoli è stato fondamentale, anche se l’enorme sforzo bellico ha creato un forte disavanzo nel bilancio del viceregno, sottoposto ad una costante pressione fiscale. 

Descrizione

La flotta napoletana. Nel contesto mediterraneo (1503-1707)

Si può provare a dirlo in maniera assai semplice: l’opera di Maria Sirago – studiosa napoletana di mare, marineria, navi, porti, cantieristica, arsenali ecc., valorosa e prolifica – si cimenta con un lavoro di sintesi, La flotta napoletana nel contesto mediterraneo (1503-1707), impegnata e importante. Vi è, per la verità, e come il lettore vedrà, un denso ‘antefatto’ nei capitoli iniziali, dedicati all’arte nautica e alle costruzioni navali nel periodo del regno aragonese (seconda metà del Quattrocento) e nel corso di quello che viene indicato come “il lungo Cinquecento”. Una fase tecnicamente di incubazione e rodaggio, sia per quanto concerne propriamente le varie tipologie dei vettori navali, sia per gli strumenti e le forme organizzative al servizio dell’attività, militare e mercantile, conseguitane (si veda al riguardo, il fondamentale contributo recato da Genova attraverso straordinarie dinastie, appunto militari, commerciali, finanziarie: i Doria su tutti).

La scena principale è quella peraltro occupata dalla monarchia di Spagna, per antonomasia la superpotenza del tempo, tra Mediterraneo e Atlantico, impegnata nel costruire e mantenere il proprio primato geo-politico, contro avversari europei (Francia su tutte, ma anche Inghilterra, Olanda ed altri) e contro il nemico mortale, l’Impero Ottomano, dunque i turchi, e i compositi potentati nord – africani (pirati, corsari, barbareschi), entrambi antagonisti irredimibili sul piano religioso. Il protagonista nel volume della Sirago è però propriamente il Regno di Napoli, cuore del sottosistema italiano (con Sardegna e Sicilia, ma non solo) all’interno del colossale sistema ispanico imperiale.

È bene ricordare per i lettori meno smaliziati, almeno, che in un quadro del genere esiste, e non potrebbe essere altrimenti, uno stato continuo di guerra, per terra ma ancor più per mare. La guerra muove tutto ed è mossa da tutto, rivestendo un ruolo primario in ambito socio-economico, culturale, politico – ovviamente, nel determinare la morte come nel plasmare le vite di migliaia e migliaia di esseri umani.

Si intende, a questo punto, il significato più proprio dell’ampia e puntuale ricostruzione condotta dall’Autrice (peraltro, e va detto a suo merito, storica non ‘accademica’): Napoli, con Sicilia e Sardegna, per due secoli pienamente nell’orbita della Spagna, diventa la base portante dell’intero sistema difensivo iberico, in chiave di difesa passiva, attraverso la rete di porti e città fortificate, mentre nei suoi arsenali si provvede alla costruzione di flotte numerose e agguerrite, cui demandare la difesa attiva.

In realtà, rispetto ai principali nemici di cui si è detto, questa fascia larga e lunga funge da frontiera, prima linea di impatto ed antemurale-sud rispetto alle aree centrali e settentrionali. É dunque una zona critica, una periferia strategicamente cruciale, il cui rilievo cresce e si consolida decenni dopo decenni, dal Re Cattolico a Carlo V imperatore ai suoi successori, Filippo II, III, IV, Carlo II, e della quale sono responsabili i Vicerè che si avvicendano nella capitale partenopea, dal Gran Capitano (primissimi anni del Cinquecento) al duca di Medinacoeli (ultimo della lunghissima serie, in carica fino al 1702).

In buona sostanza, è come ripercorrere la storia di Napoli e del Mezzogiorno seguendo il filo rosso di tutto ciò che si compie nei riguardi della costituzione e sviluppo di una flotta napoletana e regnicola adeguata al compito, né facile né piccolo, di cui necessariamente la si investiva.

Naturalmente, come in ogni processo e vicenda umana, uomini e cose risentono degli impulsi, delle circostanze; esprimono competenze e capacità, ma anche fasi di insufficienza e di stanchezza, in alto come in basso della piramide gerarchica. È comunque una galleria impressionante di personaggi e di situazioni, quella apprestata, con attenzione alla bibliografia, italiana e straniera più recente, e con perizia nel rintracciare e maneggiare documentazione dei molti archivi investigati dalla Sirago e nella quale i lettori potranno inoltrarsi. E magari immaginare di trovarsi in Napoli, in Santa Chiara, nel momento culminante della vigilia dell’attacco che si voleva definitivo contro i turchi e che porta alla vittoria straordinaria di Lepanto (7 ottobre 1571), alla quale il concorso della Città, della sua nobiltà, dei suoi marinai, delle sue navi risulta determinante. Oppure seguire il dramma dell’”Invencibile Armada” e il disastro dell’impresa filippina contro l’Inghilterra (1588), con cui in pratica si chiude un’epoca: nei grandi mutamenti che si annunziano, e in parte già sono operanti, come prima e dopo, del resto fondamentale resta l’evoluzione del warfare at sea, e il concomitante trasferimento e riposizionarsi dell’asse mondiale dal Mediterraneo all’Atlantico, dal Sud al Nord. Di nuovo alla prova, nel corso del secolo XVII, punteggiato da rivolte e crisi di indubbia gravità (Napoli, Palermo e Messina ad esempio) ma ormai segnato dall’inesorabile declino della potenza spagnola, galere e vascelli della flotta napoletana, impegnata sullo scacchiere mediterraneo e insieme su quello atlantico (“il Mar Oceano”). Ed anche in questa terza parte della ricerca la Sirago si muove con padronanza; profili di sovrani e dei vicerè, dei principali capi marittimi e responsabili della ‘squadra’ napoletana e di quelle ‘collegate’; ricco corredo iconografico, consueta dovizia di citazioni. Infine, utili e variegate appendici ed indici completano un’opera di sicuro valore ed indiscutibile pregio.

(Dalla prefazione del prof. Guido D’Agostino)

 

MARIA SIRAGO, insegnante di italiano e latino in pensione dal 2017 è socio del Laboratorio di Storia Marittima e Navale (NavLab) di Genova, della Società Italiana di Storia Militare, della Società Italiana degli Storici dell’Economia e delle Società di Storia Patria di Napoli e Salerno.  È autrice di numerosi saggi e monografie di storia marittima, tra le quali: Le città e il mare, Economia politica, politica portuale, identità culturale dei centri costieri del mezzogiorno moderno (ESI, Napoli 2004); Matilde Serao e il “saper vivere marino”. La balneazione a Napoli tra Ottocento e Novecento (La Quercia ed., Napoli 2010); La scoperta del mare. La nascita e lo sviluppo della balneazione a Napoli e nel suo golfo tra ‘800 e ‘900 (Edizioni Intra Moenia, Napoli 2013) e Gente di mare. Storia della pesca sulle coste campane, (Edizioni Intra Moenia, Napoli 2014).

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