I ditteri

Che cosa accadrebbe, se si scoprisse che le mosche hanno facoltà telepatiche? E se si provasse a trasferire queste capacità al genere umano? I ditteri segue l’itinerario delle risposte a queste due domande, con gli occhi, la mente, e il cuore di un’entomologa all’interno di un mondo distopico, dove apparenza e realtà raramente coincidono.

Descrizione

“Non immaginate da quanto tempo Silvia K. aspettasse quella telefonata.
Sciami di secondi.
Rompicapi di minuti.
Ore. Che fanno intenzionalmente presto a mutarsi in giorni. Giorni con gli occhi fissi sul telefono, a guardarlo come per scrutarne le emozioni, anticiparle e sorprenderle. Voi forse avete presente una coda alla posta, il numeretto per l’etto di prosciutto al supermercato o la stupida attesa per l’esame – potrebbero dirvelo prima quando presentarvi, sarebbe così semplice presentarvi all’ora giusta.
E invece no. Non è questo il tipo di attesa. È piuttosto un’America dal mare, latente nella mente di un conquistatore o di un migrante.
Settimane uguali, mesi schiacciati a una corteccia di pensiero. A uno squillo. Al punto che il cuore ti schizza a mille quando lo senti suonare.
Ma non era ancora arrivato. Silvia K. aspettava dalla Commissione sulla Verità Tecnologica e Scientifica la risposta riguardo alla validità delle sue ricerche, cui aveva dedicato i migliori anni della vita.
In quei giorni i lavori della Commissione andavano terminando. La telefonata con la risposta era imminente. Silvia odiava il connettore neurale, lo strumento per trasmettere e ricevere voci, suoni, immagini e applicazioni. Non lo possedeva. Per questo, preferiva restare in casa, e attendere una chiamata vocale.Si era organizzata affinché altri facessero la spesa per lei. Da due settimane disertava completamente il laboratorio. Nell’ultimo mese, questo stile di vita le aveva fatto mettere su tre chili e reso difficile l’allacciatura di qualche gonna.
L’aumento di peso non turbava minimamente il corpo di Silvia e la sua bellezza magra. La impensieriva invece il crescente nervosismo che ne invadeva il carattere.
Il disagio le derivava dall’inerzia. A parte qualche rivista scandalistica, non leggeva più nulla.
Si sentiva come otto anni prima, quando, all’indomani della laurea, era rimasta disoccupata per un lungo periodo – circa due anni – prima di essere assunta da una nota fabbrica di insetticidi.
Già, perché Silvia K. era un’entomologa. La teoria che aveva proposto alla Commissione ipotizzava la corrispondenza integrale tra il linguaggio umano e quello dei ditteri, con particolare riguardo alle mosche.
Silvia si era dedicata allo studio di questi insetti dalla facoltà di biologia: aveva impostato un programma di ricerca in cui a sei coppie di mosche comuni adulte erano stati legati dei minuscoli rilevatori di movimento in materiale zero gravitazionale (ossia con «peso» neutro). I sensori registravano ogni spostamento dei ditteri sul computer, che aggregava ed elaborava i dati ottenuti.
La ricerca  muoveva dal noto assunto secondo cui le mosche compongono il linguaggio attraverso le loro traiettorie nello spazio, attraverso la «danza».
La tesi di laurea di Silvia, frutto dell’intenso lavoro sperimentale, era stata premiata con la pubblicazione. Si intitolava: Prove specifiche del carattere sovraintellettuale della comunicazione tra le mosche.

 

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